Il Paradiso Può Attendere

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Federico™
view post Posted on 14/4/2008, 12:44




Per colpa di un angelo precipitoso, il giocatore di football americano Joe Pendleton viene portato in Cielo non ancora morto, alla vigilia di una finalissima in cui avrebbe guidato la sua squadra come capitano. All'errore rimedia un sovrintendente dell'aldilà, mister Jordan, procurando a Joe un nuovo corpo (il suo è stato cremato). Le sue nuove spoglie sono quelle del miliardario Leo Fansworth, che sta per essere ucciso dalla moglie e dal segretario…

Tratto dall’omonimo romanzo di Harry Segall, che già nel 1941 fu portato con successo sul grande schermo da Alexander Hall ne “L'inafferrabile Mr. Jordan”, “Il paradiso può attendere” segnò l’esordio alla regia (in coppia con Buck Henry) del poliedrico Warren Beatty, qui anche interprete principale, autore della sceneggiatura, insieme ad Elaine May, e produttore. Un esordio più che fortunato, consacrato da ben nove nomination ed una statuetta (miglior scenografia) agli Academy Awards del 1979.

Beatty confeziona con mestiere una commedia che ha il suo punto di forza nel bizzarro soggetto. L’idea di un uomo, Joe (Beatty), che finisce a causa di uno sbaglio in paradiso, è difatti foriera di svariate situazioni al limite del paradossale, che, mettendo in ridicolo i protagonisti (come Joe più volte sorpreso a parlare da solo, quando in realtà dialoga con un angelo), procurano un discreto divertimento. Questa dose di humor è poi saggiamente mescolata con un po’ di romanticismo, attraverso la storia d’amore dal sapore ultraterreno di Joe e Betty (Julie Christie), ed addolcita da un bel po’ di buonismo, però non stucchevole, come quello tipico della produzione di Frank Capra. A ciò vanno aggiunte una regia ispirata, una calzante colonna sonora (non quando però ad eseguirla è Joe in versione clarinettista), e la buona verve di alcuni interpreti: lo stesso Beatty; James Mason, nei panni di Mr. Jordan; Jack Warden, in quelli dell’allenatore Max; o Dyan Cannon, nominata all’Oscar per la sua nevrotica Julia Farnsworth.

Uno spettacolo infine lieve, che può a ragione essere criticato per una sua certa compiacenza nei confronti dello spettatore (guardare il finale), o per una sua parziale inconsistenza (temi come quello della reincarnazione sono presi alquanto alla leggera), ma che conquista con il suo ottimismo. Nel 2006 Premiere lo ha inserito fra le migliori 50 commedie di tutti i tempi.
 
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